Tra le Righe

Tra le Righe di "Accendi il Mio Fuoco"

Ho deciso di raccogliere le parole che mi hanno colpito da "Accendi il mio fuoco" di Brenda Lodigiani, un romanzo che esplora le sfumature dell'amore, della famiglia e della crescita personale. Le parole di Lodigiani mi hanno fatto ridere, riflettere e commuovere, e spero che possano fare lo stesso con voi.

Published at 11 giu 2024

Tra le Righe di "Accendi il Mio Fuoco"

Leggere è scoprire. Leggere è emozionarsi. Leggere è ascoltarsi.

Ho deciso di raccogliere le parole che mi hanno colpito, a mo’ di zibaldone. Per me, per il mio io futuro e per chiunque capiti da queste parte.

Spero che queste citazioni offrano spunti di riflessione, vi facciano nascere nuove domande e aiutino a vedere il mondo con occhi diversi.

  • Titolo: Accendi il mio fuoco
  • Autore: Brenda Lodigiani
  • Lingua Originale: Italiano

È stata lei a convincermi mandandomi un vocale di sette minuti che raggiungeva il suo apice con queste parole: «**Per quanto tu possa viaggiare lontano, con la mente e con lo spirito, il nostro corpo ha una sua saggezza e il sangue una sua geografica capace di riportarci sempre a casa».

Finalmente suona la campanella. Vedo piccola grande correre verso l’uscita, è felicissima, sorride raggiante, poi mi vede, smette gradualmente di correre, mi raggiunge strisciando i piedi, sbuffa: «Ma scusa, ma non doveva venirmi a prendere papà?»
Questi sono i momenti in cui vorrei ricordarle che dopo il suo parto non ho defecato per sette giorni e temevo che ano e vagina si fossero uniti per sempre. Un minimo di gratitudine… chiedo troppo?

Gli sussurro: «Se non ci fossero i bambini… Cosa ti farei!»
«Cosa mi faresti, Kè?»
Sto pensando a una porcata mai fatta prima, ma i miei pensieri sconci vengono interrotti da piccola grande: «Papino, questa è Milano?»
«Sì, è Milano, topa.»
«E io sono nata all’ospedale di Milano?»
Ridiamo. Ma che domande fa?
«Si.»
«Che bella che è Milano. Ci sono i grattacieli.»
Milano è stupenda. E oggi lo è ancora di più. I colori sono vividi. Sembra di stare dentro un disegno della mia piccola grande. Il blu del cielo. Il verde degli alberi. Il giallo del sole. Decido di mettere la mano fuori dal finestrino. Giro la manovella. Il vetro scende a metà e poi si blocca.

Ludovico ci racconta che questa settimana ha fatturato settanta kappa di bitcoin. Gli altri restano impassibili, saranno abituati a questo genere di uscite. Io ascolto distrattamente, preferisco man- giare, mi godo il vento caldo che mi scompiglia i capelli. Alessandro invece sembra molto interessato. Gli chiede qualcosa di più rispetto agli ultimi investimenti di cui tutti parlano. Sono stordita dall’alcol, ma sono certa di avergli sentito dire: «Ma quindi? Questi ETF? Sono un bluff?»
Avrei preferito vederlo limonare con la sua ex. La mia migliore amica. Ma sono troppo rilassata per intervenire, per dirgli che spendiamo già un rene al mese per vivere in centro a Milano, e che l’altro ci serve per pagare le spese condominiali. Quali investimenti pensa di poter fare? Lo osservo. In questa versione manager mi piace molto. Sembra molto sicuro di sé. Lui è così. Lui è un tuttologo. Finge di sapere tutto. Non lo fa mai con arroganza. Lo fa in modo rassicurante.

Brucerò all’Inferno, ammesso che esista, e incontrerò Satana, Lucifero, il diavolo. Me lo immagino carino, come Al Pacino in quel film. Gli chiederò come mai a un certo punto è diventato così stronzo, perché da quel che ricordo inizialmente era un angelo. Forse ha avuto dei figli?

Da quanto non capitava? Dovevo venire fin qui, in un campo di zingari, per avere un paio d’ore buche? Per carità, non mi sembra di stare in paradiso, però non li vedo da anni e si stanno prendendo cura dei miei figli. Spero.
Se penso a quello che spendo al mese per vivere in centro a Milano… E non so neanche come si chiamano i miei vicini di casa. E va bene così.
Forse avere una tribù non è poi una cosa così sbagliata. Una comunità, persone che si occupano di te, a modo loro. Che sia giusto o sbagliato, non lo so.
Non è che sto sbagliando tutto? E se qui ci fosse davvero un pezzo della mia vita ancora da vivere?

«Senti Jim, smettila di parlarmi attraverso le tue canzoni. Questa è ’Waiting for the Sun’. Da trent’anni faccio finta di niente, ma adesso mi sono rotta il cazzo. Riesci a usare parole nuove?» «Baby, le canzoni dicono la verità, parlano di noi, mentre voi sapete raccontarvi solo bugie.»

«Kè, mi vuoi dire che cazzo ti è successo? Mi stai facendo paura. E sono serio.»
Lo guardo negli occhi. Lui mi fissa impassibile, ma in quel momento arriva mia madre. Fa una carezza sulla spalla ad Ale. «Scusa, tesoro, ma te la devo portare via.»
«Tutta tua.»
Lei si mette a ridere. Mi prende a braccetto e mi sussurra nell’orecchio: «Questo gioco l’abbiamo inventato noi. Ma la recita con me non funziona».
«Dove mi porti?»
«Hai bisogno di rimanere sola. Come quando ti chiudevi in bagno. Ti ricordi? Dicevi a tutti: bagno occupato! Vietato entrare.»
«Perché mi dici questa cosa adesso?»
«Perché a volte abbiamo tutti bisogno di chiuderci in noi stessi. Non per nasconderci, ma per far luce nel nostro spirito.»

«Nella vita ti può succedere di tutto, ma arriva sempre il momento in cui capisci cosa devi fare con quello che ti è successo. Con le cose meravigliose e con quelle terribili. A un certo punto tutto acquista un senso, e a volte diventa pure la tua forza. Poi arriva anche il giorno in cui i ricordi li puoi davvero lasciare andare. È il giorno in cui si chiudono i conti, in cui finisce la rabbia, finisce il dolore